Posta poco fuori il centro abitato di Civita Castellana, nei pressi della via Nepesina, la cava buia Fantibassi rappresenta uno dei maggiori esempi di queste opere di antica ingegneria stradale.
Dopo aver attraversato un campo coltivato ci si ritrova su di un pianoro ai margini della forra del Rio Maggiore. Tra la fitta vegetazione che delimita i confini di questa profonda gola, si apre una piccola stradina che scende nel fondovalle: la tagliata! Dopo aver percorso una decina di metri sulla parete destra si apre una piccola cavità scavata nella roccia tufacea. Vista la presenze di alcune nicchie al suo interno, molto probabilmente doveva essere legata all’aspetto religioso di questo luogo.
Questa antica via si snoda “serpeggiando” per circa 190 metri ed è delineata dalle sue pareti alte all’incirca 10 – 14 metri. La strada si presenta larga quattro metri circa, anche se in alcuni punti si restringe di un metro. La pendenza media del tracciato è approssimativamente del 15%. Nella parte centrale, dove il fondo stradale non è ancora interrato dai detriti, si può ancora oggi ben vedere una fenditura più profonda, segno inconfutabile dell’usura dovuta al continuo transitare dei carri con le loro pesanti ruote. Sulle estremità laterali dell’antica via è invece presente un passo più alto: il marciapiede.
Man mano che si scende nella tagliata si rimane veramente esterrefatti e meravigliati dall’imponenza di questo paesaggio: le altissime pareti cosparse di muschio e felci sembrano inghiottire il visitatore. Mentre cammino mi viene naturale pensare come, molti secoli fa, senza alcun macchinario, ruspe, e tecnologia, l’uomo sia riuscito nel costruire opere di tale grandezza….sembra veramente impossibile che tutto ciò sia il frutto di un lavoro manuale effettuato intorno al IV sec.a.C..
Anche in questo caso, la vicinanza con le necropoli di Tre Ponti, Cavo degli Zucchi, Valle dei Principi,poste lungo la via Amerina, sembra avvalorare l’ipotesi dell’utilizzo a scopo religioso di tali opere di ingegneria stradale.
Molto probabilmente all’epoca della sua costruzione le pareti tufacee dovevano essere leggermente più basse rispetto alla via, poi con il passare dei secoli e delle piogge, e quindi per effetto dell’erosione, la strada sia pian piano sempre più sprofondata.
La vera caratteristica di questa via cava è la presenza di una grande quantità di segni, lettere alfabetiche ed iscrizioni incise sulle pareti, come quella della foto sottostante,
la quale secondo alcuni studiosi starebbe a significare: furc(ulam)-p(rotacios)-c(ensor)-ef(fodi)-i(ussit)v- ovvero: “il censore Titos Protacios ordinò di scavare la gola per i carri”.Questa scritta starebbe dunque ad indicare il commissionario degli scavi riguardanti questa “furcula falisca”.
Qualche metro dopo un grosso masso distaccatosi dal tufo ed ora lungo la via, forma una sorta di piccola quanto suggestiva galleria che accompagna il visitatore fino al fondovalle, all’infuori della tagliata. Arrivati a questo punto punto il sentiero (sentiero natura Rio Maggiore) si snoda in due direzioni: a sinistra si risale il torrente sino ad arrivare nei pressi della tomba della “regina” lungo la via Amerina; a destra, invece, il percorso prosegue sino ad arrivare a Civita Castellana, offrendo al visitatore la vista del ponte di Terrano e del ponte Clementino da una prospettiva diversa: il suo fondovalle.